INDIPENDENTISMO E GIULLARI SALATI: IL PROBLEMA DELL’IDIOTA

di Gabriele Ainis

 

Idiota è dunque il soggetto votato alla più irriducibile autoctonia e al ripiego identitario. (L. Dematteo, L’idiota in politica; antropologia della Lega Nord, Feltrinelli, 2011)

 

Appartarsi da un contesto, ad esempio emigrando, ha i suoi vantaggi. Ad esempio si possono osservare i fatti con maggiore distacco. Ma anche i suoi limiti, ad esempio si comprendono con maggiore difficoltà alcune scelte tipiche della condivisione localistica.

A volte, tuttavia, si verificano quelle coincidenze stravaganti per le quali, appartandosi da un contesto, ci si ritrova in un altro straordinariamente simile.

Tanto per esemplificare, immagino che un casteddaio, seduto in poltrona di fronte alla tivvù, fatichi a capire un’adunata leghista con tutti quegli idioti che si vestono di verde con l’elmo cornuto in testa ed inneggiano a Umberto Bossi e al suo delfino: Il Trota.

Ma immagino anche un artigiano delle valli bergamasche che osservi un’adunata di indipendentisti sardi (posto che riesca a vederla alla tivvù, beninteso) con gli idioti che hanno sa berritta in testa e inneggiano a Gavino Sale (che per ora non ha un delfino ma non disperiamo).

Non ho usato a caso il termine idiota, perché sono sicuro che se un indipendentista sardo leggesse le due frasi precedenti si irriterebbe moltissimo per la seconda e molto meno per la prima e, nello stesso modo, un secessionista padano farebbe il contrario.

In realtà non intendo offendere o dileggiare nessuno, né i sardi né i padani (posto che esistano entrambi, naturalmente, fatto tutto da dimostrare) mentre sono intrigato dalla presa politica (per fortuna minoritaria) di alcuni personaggi che condividono l’istrionismo nella propria attività politica: lassù i Bossi, i Borghezio, i Maroni, i Calderoli (ma ce ne sono altri non ancora assurti alla ribalta nazionale, ben più bizzarri) e nell’Isola i Sale, i Meloni, i Cumpostu.

Il libro che ho citato all’inizio esamina prima di tutto l’etimologia della parola ‘idiota’, che in greco rimanda a uomo del luogo. Per loro, i greci, l’’idiota’ era colui che non ha accesso alla dimensione universale e vive confinato in un orizzonte ristretto, da cui la frase iniziale, particolarmente lapidaria.

Si dirà che, a parte le giravolte lessicali, un idiota resta sempre un idiota, quindi ho solo trovato la maniera per dileggiare in modo stravagante chi inneggia all’autodeterminazione sarda, un po’ come l’insigne logico Odifreddi che ritrova (correttamente) la vicinanza di cretino e cristiano.

In realtà non è così: sono veramente intrigato dal meccanismo mentale che spinge molta gente ad apprezzare l’istrionismo nella politica, atteggiamento che è tutt’altro che istintivo, intendiamoci, perché non parliamo assolutamente di idioti, nel senso comune del termine, bensì di persone particolarmente intelligenti e consapevoli dei propri atteggiamenti. Il dito medio di Bossi e le battute esilaranti di Sale ad uno spettacolo di Beppe Grillo non hanno nulla di stupido, al contrario, fanno parte integrante della strategia politica di entrambi, così come Doddore Meloni è tutt’altro che un ingenuo sprovveduto, mentre Bustianu Cumpostu e Maroni condividono l’uso del morso come strumento reale di lotta politica (Maroni addentò un poliziotto durante una manifestazione, Cumpostu un viaggiatore in attesa all’aeroporto di Olbia durante un blocco dei pastori).

Né ho inteso dare dell’idiota (leggi stupido) a coloro che li votano richiamandosi al localismo. Mi domando, invece, per quale motivo coloro chi si richiamano al localismo abbiano bisogno di uomini politici di questo tipo, che si comportano come giullari, facendo presa con le stravaganze, le battute ad effetto, i morsi, ma soprattutto la pretesa di non essere presi sul serio. Perché un elettore vota Il Trota, chiaramente indicato dal padre come un incapace scansafatiche? (Ma anche un Doddore Meloni, dico io, in costume da bagno di fronte al palazzo presidenziale nell’isola dI Mal di Ventre!).

Se mi accontentassi di una battuta, direi perché il voto è una soluzione semplessa ad un problema complesso, però, a parte il fatto che è vero, sarebbe come dire: andate a leggervi una mezza dozzina di saggi (se bastano) perché è un problema troppo difficile da svolgere in due righe all’interno di un blog.

Il fatto è che, avendo avuto l’avventura di appartarmi dall’indipendentismo sardo (sono un emigrato) e capitando in un luogo connotato da forti istanze autonomiste (il settentrione) mi è sembrato, per certi versi, di non essermi mai mosso di casa: avendo lasciato i mordicatori ad Olbia (Cumpostu), me li sono ritrovati a Varese (Maroni).

Non essendo un antropologo o un etnologo, non pretendo di dare soluzioni o descrizioni dotte della faccenda (che lascio volentieri ai professionisti come Dematteo), mi limito ad un paio di brevi considerazioni.

La prima: a parte i quattrini, quindi l’occupazione, aspetto non irrilevante, naturalmente, Ottana e Parre (Val Seriana, uno dei luoghi di nascita del leghismo) hanno più punti in comune di quanto non si immagini: poca fiducia nell’istruzione, poca alfabetizzazione, consapevolezza della propria alterità rispetto ai flussi culturali principali (da disprezzarsi), ma soprattutto consapevolezza di essere considerati idioti, nonché profonda convinzione di non poter contare sulla politica intesa nel senso tradizionale del termine. Trovandomi a Bergamo, ho avuto la sorpresa di udire la definizione di «paese idiota» per i valligiani, nello stesso senso in cui noi, a Cagliari, abbiamo sempre definito i «paesi di pastori» dell’interno.

La seconda. Nonostante le apparenze e il sentire comune, la Lega (e in genere i movimenti autonomisti) è tutt’altro che priva di intellettuali, sebbene essi condividano la bizzarra caratteristica di essere marginali e di aspirare a maggiore visibilità proprio attraverso l’attività politica diretta. Stranamente, tale caratteristica si ritrova anche nell’Isola in cui, di norma, si traduce nell’indipendentismo, prima di tutto, una pulsione personale di rivalsa nei confronti di un mondo intellettuale in cui non si è riusciti ad emergere.

Ci sarebbe ben altro, ma mi limito ad un’unica considerazione finale: il mondo intellettuale (oltre che quello politico) non ha capito la Lega al nord, come quello isolano non capisce gli indipendentisti: ciò costituisce un grosso limite. In entrambi i casi si è provato a sterilizzare i movimenti accogliendone acriticamente le istanze (federalismo al nord, autonomismo da noi) con effetti deleteri.

Attenzione, se sono idioti nel senso etimologico del termine, proposto un po’ per scherzo, e si fanno rappresentare da uomini politici che si presentano come giullari, non sono scemi per niente. Ridurre la questione ad un’alzata (metaforica) di spalle o pensare di riacciuffarli condividendo ciò che frettolosamente può apparire uno slogan o un lessico particolarmente colorito, l’errore più idiota e stupido che si potrebbe fare (visto che ne parliamo, usiamo i termini appropriati).

Sarà pur vero che la secessione non è una soluzione, ma il malessere c’è e non si cura né con la politica né con la cultura che siamo riusciti ad esprimere fino ad ora. Con una piccola differenza tra nord e Sardegna: loro, da soli, possono anche farcela, noi…

Detto da uno che le ha viste tutte e ha letto l’unica che, fino ad ora, abbia scritto qualcosa di sensato sulla Lega.

Guarda un po’, Dematteo è francese e non italiana. Ci sarà un perché.

 

gabriele.ainis@virgilio.it

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L. Dematteo, L’idiota in politica; antropologia della Lega Nord, Feltrinelli, 2011

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8 risposte a INDIPENDENTISMO E GIULLARI SALATI: IL PROBLEMA DELL’IDIOTA

  1. Salve signor Ainis, mi chiamo Enrico Piras,

    Confesso che ho dovuto riflettere un po’ sul fatto di rispondere o meno a questo post. Ma d’altronde dipende da come si risponde, cioè da quello che si dice e dai toni che si utilizzano.

    Ho letto molto attentamente il Suo post, con molto piacere prendo spunto per indurLa a riflettere su alcuni punti.

    Ecco vede, io sono uno degli “idioti” indipendentisti, tra quegli scemi che auspicano una Sardegna che abbia il coraggio e la responsabilità di autodeterminarsi.

    Vede, io mi sono avvicinato all’indipendentismo tramite amici che facevano e fanno parte del movimento del “giullare” Gavino Sale. E mi ricordo anche il frangente: fu quando Sale ed altri idioti fecero l’azione dimostrativa di bloccare per un po’ il Porto Canale per i rifiuti campani in arrivo. Quei rifiuti che arrivarono con i camion della Camorra, per intenderci.

    Non ho mai indossato una berritta o un paio di cambales, mai ho avuto una leppa in busciacca e mai ho preteso di parlare il sardo con tutti. Rispetto comunque chi l’ha fatto e lo fa, non mi ergo a giudice in terra.

    Mai ho occupato isole proclamandone l’indipendenza o le navi della Tirrenia per rivendicarne la provenienza. Rispetto comunque chi l’ha fatto, pur non essendo sulla stessa linea.

    Rispetto anche Lei che paragona TUTTO il movimento indipendentista sardo al leghismo. Ecco vede, Lei magari si rincuorerà di questo, ma con questo paragone dimostra la sua ignoranza in merito all’indipendentismo sardo. E Le spiego anche perché:

    Il leghismo è razzista, l’indipendentismo moderno non lo è affatto.

    Il leghismo è violento nei toni, l’indipendentismo moderno no, si fonda sulla non-violenza.

    Il leghismo è recriminatorio, l’indipendentismo che pratico io no.

    Il leghismo non ha basi storiche, la Padania non esiste. La Sardegna è già stata una Natzione, e pure all’avanguardia. Dovrebbe andare a leggere le definizioni di “popolo” e di “Nazione”, per capire che oggi siamo già una Nazione, anche se senza Stato.
    Pensi, forse non sa che la Carta de Logu della nostra arretratissima Sardegna, quando spopolava il feudalesimo, era uno Statuto democratico all’avanguardia. Si dice che sia stato usato come base per la scrittura della Costituzione della Sua nazione.

    Il leghismo è populista, l’indipendentismo che pratico io no. L’indipendentismo che pratico io non cerca voti, cerca sardi. Pensi che io vado contro le soluzioni di re-industrializzazione del Sulcis, cavallo di battaglia attuale per tutti i politici, destra, sinistra, centro, giù e su. E il tutto senza truccarmi in maniera buffa il viso, senza indossare pantaloni e casacche di 5 taglie più larghe della mia e senza mettermi nessuna pallina rossa sul naso!

    Vede, nella sua ignoranza sulla questione vorrei spiegarLe anche le ragioni che mi portano ad essere indipendentista, sempre che Lei voglia arricchirsi di un po’ con la mia idiozia.

    Io non credo che la Sardegna sia la madre addolorata vittima del colonialismo ed imperialismo italiano, no. Benché ci siano tutti i presupposti, questo non lo nego. Ma, come Le ho detto prima, non pratico un indipendentismo recriminatorio.

    Credo invece che la Sardegna ed il popolo sardo debbano avere il diritto all’autodeterminazione a patto che si raggiunga un livello di responsabilità che ci faccia uscire dalla mentalità sussistenzialistica in cui ci troviamo da sempre.

    Credo che la Sardegna dovrebbe rendersi più sovrana da subito economicamente, istituendo una propria Agenzia delle Entrate ed incassando i propri tributi, che è un nostro diritto secondo l’art. 9 del nostro Statuto.

    Credo che la Sardegna abbia il diritto di avere alla propria guida degli uomini che non siano compromessi e/o manovrati da interessi romani che non localizzano le problematiche che noi abbiamo, non entrando quindi nell’ordine di un dato problema e non elaborando possibili soluzioni che non siano di tipo propagandistico immediato. Credo che ci vogliano uomini che riescano ad uscir fuori dal becero bipolarismo all’italiana, visto che questo sta rovinando anche il Paese di cui attualmente facciamo parte.

    Non sono anti-italiano, non sono anti-inglese, non sono anti-tedesco, non sono anti-istrangiu, ecco. Anche perché solitamente evito di essere anti, prediligo trovare qualcosa per cui essere pro. Non so se mi capisce.

    Credo che la Sardegna abbia diritto alla soluzione della “vertenza entrate”, vitale per la riqualificazione e l’ammodernamento delle nostre precarie infrastrutture. E questo per un maggiore sviluppo dell’isola e di un’acquisizione di maggiori responsabilità. Perché quando vanno diminuendo le scuse da poverini della situazione, si alza la soglia delle responsabilità.

    Potrei continuare, ma il commento diventerebbe troppo lungo e magari non lo leggerebbe neppure tutto, temendo un prurito improvviso donato dall’idiozia acuta.

    Ovviamente scherzo, ma come vede l’indipendentismo non è tutto giullari e idioti, qualcuno che pensa con la propria testa e non pende dalle labbra di un leader si trova. E a proposito degli intellettuali che cercano consensi altrove, le faccio solo un esempio: Michela Murgia, convinta indipendentista, Premio Campiello (italianissimo) la cui opera “Accabadora” è stata tradotta financo in aramaico antico, quasi.

    Infine, ho voluto rispondere a questo post perché credo che chi pone i propri dubbi e le proprie perplessità sull’indipendentismo non è che un potenziale indipendentista con cui dialogare e a cui spiegare le proprie ragioni.

    Gratzias po s’attenzioni

    ENRICO PIRAS (http://inlibertade.blogspot.com/)

  2. Gabriele Ainis ha detto:

    Gentile Enrico Piras,
    il libro che ho citato nel post è tutt’altro che ironico e l’etimologia di “idiota” del tutto corretta.
    Naturalmente ho qualche dubbio (nel senso di pochi) che Lei abbia afferrato il tenore di ciò che ho scritto, ma non sto a spiegarlo perché il suo commento lo fa molto meglio.
    Da cui l’ulteriore conferma: sì c’è un problema di isolamento (idiozia), prima di tutto culturale che spinge verso la rivendicazione orgogliosa del proprio status di “idioti”. Ed effettivamente Michela Murgia ne è esempio emblematico.
    Non sarebbe male se il mondo culturale (prima) e quello politico (poi) dessero uno sguardo meno distratto al problema piuttosto che passare il tempo ad accapigliarsi per il solito piatto di lenticchie,
    Cordialmente

  3. No Signor Ainis, ho capito bene quello che voleva dire, anche se poi ho utilizzato volutamente il termine “idiota” nel senso comune del termine proprio per la riflessione seguente.

    Vede, un altro aspetto dell’indipendentismo moderno è quello che spinge non a voler innalzare un muro col filo spinato in cima su tutti i confini della Sardegna, e questo per non far entrare “is istrangius”. Assolutamente no. Al contrario, l’indipendentismo moderno vuole che il sardo e la Sardegna si assumano quelle responsabilità tali da aprirsi al mondo da protagonisti e non più da panchinari, riserve di un fu asso dell’economia.

    Per questo non credo che “l’idiozia” di cui parla non trovi riscontro nell’indipendentismo che pratico.

    Ribadisco, non giro in berritta e cambales, non ho leppa in tasca, mi piace il folklore sardo ma solo ed esclusivamente come forma artistica e non come rivendicazione delle radici.
    Non mi sento votato all’autoctonia, tutt’altro. Per questo ho scritto quello che ho scritto.

    Saludos

    ENRICO

    • Gabriele Ainis ha detto:

      Gentile Enrico Piras,
      sì c’è un problema di isolamento (idiozia), prima di tutto culturale che spinge verso la rivendicazione orgogliosa del proprio status di “idioti”.
      Non sarebbe male se il mondo culturale (prima) e quello politico (poi) dessero uno sguardo meno distratto al problema piuttosto che passare il tempo ad accapigliarsi per il solito piatto di lenticchie,
      Cordialmente

  4. Marianna ha detto:

    Per avere un minimo di credibilità, questi “indipendentisti” dovrebbero avvicinarsi un po di più alla terra, e a chi questa terra la lavora sul serio
    http://compost.altervista.org/l-indigeno-nuragico-sull-indipendentismo-in-sardegna/

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